Silenzio della Pubblica Amministrazione

La Pubblica Amministrazione non ha risposto alla tua istanza entro i termini? Scopri quando il silenzio è impugnabile, quali rimedi giuridici sono ammessi e come agire in modo fondato.

Redazione

05 novembre 2025

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Silenzio della Pubblica Amministrazione: quando si può impugnare e quali rimedi sono ammissibili

Premessa

Il silenzio serbato dalla Pubblica Amministrazione a fronte di una richiesta, un’istanza o una segnalazione del cittadino può costituire un illecito amministrativo, rilevante sia dal punto di vista processuale, sia sotto il profilo risarcitorio.

In ambito giuridico, il silenzio non è una mera assenza di risposta, ma una condotta che, in determinate circostanze, equivale a un inadempimento o a un provvedimento implicito. Il quadro normativo di riferimento si articola attorno alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, in particolare all’art. 2 (dovere di conclusione del procedimento) e all’art. 2-bis (danno da ritardo), nonché all’art. 31 del Codice del Processo Amministrativo (D.Lgs. 104/2010).

L’obiettivo di questo approfondimento è fornire criteri tecnicamente fondati per comprendere quando è possibile impugnare il silenzio, quali rimedi giuridici sono esperibili, e quale ruolo assume la tutela giudiziale e stragiudizialedel cittadino.

Inquadramento giuridico del silenzio amministrativo

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, della Legge 241/1990, “la pubblica amministrazione ha il dovere di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso, entro il termine previsto dalle disposizioni vigenti o, in mancanza, entro trenta giorni dall’inizio del procedimento stesso”.

L’omessa adozione di un provvedimento entro il termine stabilito integra un’ipotesi di silenzio inadempimento, rilevante sul piano giuridico quando l’istanza proviene da un soggetto titolare di un interesse legittimo o diritto soggettivo.

Accanto al silenzio inadempimento si collocano altre figure di silenzio “significativo” previste dall’ordinamento:

  • Il silenzio assenso, disciplinato dall’art. 20 L. 241/1990, che comporta l’accoglimento dell’istanza in assenza di risposta;

  • Il silenzio rigetto implicito, tipico dei procedimenti vincolati o discrezionali, soprattutto in materia edilizia o di concorsi pubblici;

  • Il diniego implicito per comportamento concludente, ricavabile da atti successivi o da comportamenti incompatibili con l’accoglimento.

La valutazione della tipologia di silenzio è decisiva per comprendere se sia esperibile un ricorso giurisdizionale e in quale forma.

Quando il silenzio è impugnabile: presupposti e condizioni

L’impugnazione del silenzio amministrativo è disciplinata dall’art. 31, commi 1 e 2, del Codice del Processo Amministrativo, che consente a chi ha presentato una richiesta alla P.A. di proporre ricorso al TAR affinché venga accertata l’illegittimità dell’inerzia e ordinato all’amministrazione di provvedere.

Affinché il silenzio sia giuridicamente impugnabile devono ricorrere i seguenti elementi:

  • La presentazione formale di un’istanza o segnalazione, completa e regolarmente ricevuta dall’Amministrazione;

  • Il decorso del termine ordinario di 30 giorni, o quello diverso previsto da legge o regolamento per quel tipo di procedimento;

  • La mancata adozione di un provvedimento espresso, senza proroga né comunicazione motivata dei motivi ostativi.

Il soggetto legittimato all’impugnazione deve dimostrare di possedere un interesse concreto, personale e attuale alla definizione del procedimento. La giurisprudenza ha precisato che non è necessaria la diffida preventiva, ma questa può costituire un elemento utile ai fini dell’istruttoria e del comportamento processuale.

Ricorso al TAR: ordine di provvedere e risarcimento

Il ricorso contro il silenzio ex art. 31 c.p.a. ha una funzione impugnatoria e ordinatoria: non mira a ottenere il contenuto della decisione, ma l’obbligo per la P.A. di concludere il procedimento.

Il TAR, verificata l’illegittimità del silenzio, può:

  • Ordinare all’Amministrazione di provvedere entro un termine perentorio (generalmente 30 giorni);

  • Nomina eventualmente un commissario ad acta in caso di persistente inerzia;

  • Condannare l’Amministrazione al risarcimento del danno da ritardo, se richiesto e provato, ai sensi dell’art. 2-bis L. 241/1990.

Per agire in giudizio è necessaria l’assistenza legale. La parte ricorrente dovrà inoltre sostenere il contributo unificato e anticipare le spese, salvo poi ottenere la condanna alle spese della P.A. soccombente, se riconosciuta in giudizio.

Per valutare con precisione se sussistano i presupposti per un ricorso avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione o per individuare rimedi alternativi adeguati al caso concreto, è possibile richiedere un appuntamento con l’Avv. Federico Loreggian.

Diffida stragiudiziale e strumenti alternativi

Prima del ricorso, il cittadino può valutare l’opportunità di inviare una diffida ad adempiere o un sollecito formale, eventualmente redatto da un legale. Tale atto non è obbligatorio, ma può essere utile per documentare:

  • La volontà della parte di ottenere una risposta;

  • Il comportamento ostruzionistico dell’Amministrazione;

  • La colpa nel ritardo, in vista di una successiva domanda risarcitoria.

In alcuni casi, la normativa prevede strumenti alternativi o sussidiari, come:

  • Il difensore civico regionale o comunale, ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 33/2013 per l’accesso civico e la trasparenza;

  • L’intervento dell’ANAC per profili di vigilanza nei procedimenti di evidenza pubblica o contrattualistica pubblica.

L’utilità di questi strumenti varia in base alla materia trattata e al livello di inerzia della P.A. competente.

Ambiti particolari: edilizia, commercio, ambiente, SUAP

Il regime del silenzio amministrativo presenta rilevanti eccezioni settoriali, spesso derogatorie della disciplina generale.

In materia edilizia, ad esempio, il silenzio-assenso sulla SCIA trova fondamento nell’art. 19 della L. 241/1990, mentre per il permesso di costruire il silenzio può valere come rigetto tacito, impugnabile entro 60 giorni.

Nel settore delle attività produttive, i procedimenti gestiti tramite lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) seguono termini perentori, con responsabilità dirigenziale in caso di ritardo (D.P.R. 160/2010).

Per le materie ambientali, il silenzio non ha mai valore provvedimentale, e il termine può essere soggetto a sospensioni o proroghe in base alla complessità istruttoria (es. autorizzazione paesaggistica, VIA, AIA).

Nei procedimenti ad evidenza pubblica (appalti, concessioni), l’intervento dell’ANAC, ai sensi dell’art. 213 del D.Lgs. 50/2016, può supplire a ritardi o omissioni nei controlli e nelle pubblicazioni.

In chiusura

Il silenzio della Pubblica Amministrazione non è un vuoto giuridico: quando viola il dovere di provvedere, può essere impugnato con ricorso al TAR, ottenendo un ordine a concludere il procedimento e, nei casi previsti, un risarcimento per il danno da ritardo. Tuttavia, non ogni inerzia è illegittima: occorre valutare la natura del procedimento, i termini previsti dalla legge e il comportamento complessivo della P.A.

Una Consulenza Legale personalizzata permette di accertare se vi siano i presupposti per agire, se la diffida sia utile o se esistano rimedi alternativi. In tal senso, l’assistenza di un avvocato esperto in diritto amministrativo rappresenta il primo passo per ottenere tutela.

DisclaimerIl presente contributo ha finalità esclusivamente informative. Non costituisce consulenza legale e non sostituisce il parere di un avvocato iscritto all’Ordine professionale

Studio Legale Loreggian

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Il presente articolo ha finalità esclusivamente informativa e non costituisce un parere legale. Ogni situazione abbisogna di una valutazione specifica, la cui disamina non può prescindere dall'attento ascolto del Cliente e dallo studio della relativa documentazione.

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